L’accompagnamento spirituale

un aspetto disastroso del Movimento.

versione del 28/07/2022

Papa Francesco, nel febbraio del 2021, incontrando la nuova élite del Movimento appena eletta, ha fatto alcune puntualizzazioni (vedi discorso del Papa). Una era: distinguere bene foro interno e foro esterno. È una delle raccomandazioni delle Chiesa da secoli. Diciotto mesi dopo, da quello che so, le parole del Papa hanno avuto degli effetti marginali.
Un esempio concreto. Recentemente chiedo a una focolarina sposata – con incarichi importanti – se qualcosa si muove (nel Movimento) nel campo dell’accompagnamento.
“Si certo, stiamo preparando delle persone”.
“Ma tu hai un accompagnamento spirituale?”
“No, l’accompagnamento è per le persone con dei problemi, che hanno bisogno di parlarne”.

Siamo nel 2022. Sono sicuramente minoritari i casi di consacrati – donne o uomini – che abbiano integrato l’importanza dell’accompagnamento spirituale, di preferenza con una persona esterna al Movimento. Le scuse sono sempre le stesse:

  • La fondatrice ci sconsigliava di avere un Padre spirituale.
  • Non ne sento il bisogno.
  • Le persone fuori dall’Opera non capiscono la nostra spiritualità.

Sono gli argomenti messi avanti da decine di “Nuove Comunità”, nate nella Chiesa cattolica in vari paesi negli ultimi 50 anni, e che hanno preso delle pieghe settarie. La pratica del Movimento in questo campo è – per il momento – quella di una setta.

Nel Natale del 1943, Chiara ha sentito dentro di lei una voce che le diceva: “Datti tutta a Dio”. Ha subito pensato di entrare in convento. Quando il giorno dopo ne ha parlato con il suo confessore, quello le ha consigliato di cercare altrove. Chiara ha parlato di quel sacerdote come di un “padre spirituale” (13 aprile 2001). Cosa è successo poi in quel periodo? Perché si è abbandonata la sana pratica dell’accompagnamento spirituale? È uno dei punti che meriterebbe uno studio.

Chiara diceva che “il colloquio è stata la prima struttura dell’Opera”. Con le sue prime compagne, a partire della fine degli anni ‘40, in Trentino, si sedeva sotto un albero e parlava con ciascuna personalmente. Ascolto, consigli spirituali, consigli pratici: certe prove spirituali si risolvevano con una bella dormita o con una purga. Con le sue grandi doti umane, con i doni che Dio le ha fatto, Chiara si è improvvisata maestra spirituale, con una certa finezza psicologica. D’altro lato, la mancanza di libertà dei “sudditi”, unita alla totale mancanza di confronto con la Tradizione della Chiesa, ha portato al crearsi di un sistema settario dove non era concepibile un aiuto dall’esterno. Peccato, si sarebbero evitate tante crisi e derive.

Personalmente, sono cresciuto in questo sistema. La vita Gen ancora ancora andava bene: il responsabile del gruppo Gen (l’unità Gen) era uno di noi. L’assistente era là per aiutare la nostra impregnazione dell’Ideale. Come l’ho detto nell’articolo sulla vita Gen, i limiti psicologici e spirituali degli assistenti erano, in alcuni casi, drammatici. Ma l’amicizia e la solidarietà tra coetanei, un vero maestro spirituale come Bruno Venturini, la possibilità di confessarsi dove volevamo, ci davano quell’ossigeno di cui avevamo bisogno.

Una seconda tappa è stata la scuola di formazione di due anni a Loppiano ((fine '78 - fine '80): un’esperienza “pittoresca” ...  Più che dei veri colloqui, avevamo delle osservazioni, dedotte dal nostro comportamento. I furbetti se la cavavano bene, i meno furbi si beccavano i famosi “purgatori”: delle ramanzine, spesso senza ne capo ne coda, che rispecchiavano più le tare dei responsabili che la vita spirituale del soggetto analizzato.
Il mio primo vero colloquio spirituale l’ho avuto alla fine dei due anni di formazione. I responsabili del Centro dei Focolarini – che gestiva i consacrati maschietti del movimento – sono venuti per parlare con ciascuno e decidere le destinazioni.
Giorgio Battisti (nome d’arte “Cari”) si è interessato agli studi e al lavoro che avrei potuto fare: un colloquio piuttosto superficiale, che si interessava a come avrei potuto “rendere”. Molto più interessante è stato l’incontro con Enzo Fondi: con calma, abbiamo potuto parlare della mia vita spirituale, che in quei due anni era stata, tutto sommato, varia e luminosa. I momenti difficili superati, le grazie ricevute. Enzo aveva un equilibrio, una formazione umana e spirituale, sopra la media. Ancora oggi lo prego di accompagnarmi dal Cielo. Il colloquio con Enzo è stata una tappa fondamentale nel mio percorso nel Movimento: mi ha chiamato al centro audiovisivi del Movimento (Centro Santa Chiara) dove, grazie al lavoro come fotografo presso i sommi vertici, ho potuto conoscere bene i primi e le prime compagne di Chiara.

Poi ci sono stati i decenni vissuti in focolare, nella più grande ignoranza e confusione nel campo dell’accompagnamento.
C’erano i colloqui, che si facevano con il capofocolare (il responsabile della comunità): era la confusione costante di foro interno e foro esterno. Alle volte si parlava con il responsabile di zona, sempre nella confusione più totale. Noi maschietti, avevamo la fortuna di poterci confessare dove volevamo. Molto più drammatica è stata l’esperienza di tante donne consacrate, le focolarine, che avevano l’obbligo di confessarsi da un sacerdote del Movimento. Per esempio, un sacerdote come Marino Giacometti (parroco in Camargue, osannato dalla capozona della Francia) ha vissuto una grande confusione tra i due fori…

Per lunghi anni, incoraggiato dal sistema, ho avuto io stesso la pretesa di accompagnare gruppi o persone, senza sapere bene cosa volesse dire. Ho fatto anche dei bei pasticci! Se qualcuna di quelle persone mi legge, chiedo scusa… (magari ci sarà un giorno la possibilità di “metterci una pezza”?) Quello che veniva fuori, a volte, erano piuttosto le mie tare affettive… e avevo la pretesa di dare dei consigli! Ma me ne rendo conto solo ora, avendo un solido accompagnamento spirituale, formandomi in questo campo da alcuni anni con i Gesuiti, essendo portato dalla vita a fare delle scelte "adulte".
Quello che cerco di vivere oggi: aiutare le persone a crescere nella libertà. Il compito è arduo e richiede tanto ascolto, una grande sobrietà nel parlare e una preghiera intensa, aspetti che anni fa consideravo secondari. Ho ancora tanto da imparare.
Se può servire, ecco le prime cose che ho capito. È indispensabile:

  • Essere accompagnati da qualcuno con esperienza, che viva fuori dal nostro ambiente.
  • Formarsi presso degli esperti: Gesuiti, Carmelitani, ecc.
  • Vivere ogni relazione nel più grande riserbo.
  • Avere una supervisione di una persona esperta.

Verso il 2009 o il 2010 ero a Parigi e la vita in focolare mi era diventata molto pesante, anche a causa del mio carattere non facile. Ho espresso il desiderio di seguire una psicoterapia. Ho convinto il mio responsabile assicurandolo che avrei avuto contemporaneamente un accompagnamento spirituale da un sacerdote del Movimento. Mi sono rivolto a un sacerdote diocesano focolarino ultraottantenne, con una una lunga esperienza.
Come prima cosa, mi ha “smontato” l’idea che fosse possibile una “psicoterapia cristiana”: accompagnamento psicologico e spirituale erano complementari, ma non si confondevano. L'importante era trovare uno psicoterapeuta che facesse bene il suo mestiere, senza confondere gli ambiti di competenza, indipendentemente delle sue idee religiose.

Grazie al mio medico di base, ho incontrato una brava psicoterapeuta, che faceva il suo lavoro senza interferire con la mia vita spirituale. In due anni, mi ha aiutato tanto: a conoscere me stesso, i miei limiti, a gestire le incongruenze del mondo in cui vivevo.
La psicoterapeuta si è resa conto che qualcosa nel focolare non funzionava. Discretamente, alcune volte, mi ha lasciato capire che forse altri nella comunità avrebbero avuto bisogno di fare il punto con uno psicologo: potevo solo, discretamente, riderci sopra!
Il responsabile locale dei focolarini si deve essere preoccupato per i piccoli miglioramenti che avevo, grazie a un’iniziativa così “umana”, così originale nel contesto del focolare di quel tempo.
Ha sicuramente incontrato di nascosto il mio padre spirituale. Infatti un giorno il sacerdote in questione mi ha tirato fuori certe mie “pecche” nella vita di focolare, cose che non gli avevo mai raccontato. Contemporaneamente mi ha fatto grandi elogi del mio responsabile. Vi potete immaginare come sono rimasto. Ma in tanti focolari, per anni, era la prassi: cercare di pilotare la vita delle persone che ci erano affidate, senza nessuna etica.

Ma, con tutti i limiti che l’esperienza ha avuto, ho una certa gratitudine per il Movimento, che mi ha permesso un tale percorso. I benefici durano tutt'ora.

La prima idea di farmi sacerdote diocesano mi è venuta a Strasburgo, verso il 2016. Ne ho parlato innanzi tutto con un amico, un sacerdote focolarino che era il segretario del Vescovo: volevo sapere se, tenendo conto dell’età, potevo ancora intraprendere un tale percorso.
Per l’età, non c’era problema, ma suggeriva di fare un vero discernimento. Mi ha consigliato un “ritiro di discernimento” dai Gesuiti, maestri in questo campo.
Ho passato cinque giorni in un centro di spiritualità dei Gesuiti. È stata un’esperienza molto luminosa. Poter parlare della propria fede liberandola dell’ideologia focolarina. Sono stato accompagnato da una donna sposata molto preparata (teologa e psicologa). Mettere la propria vita e le proprie scelte a contatto con il Vangelo, nudo e crudo, senza altri interessi: è un’esperienza che auguro a tutti.
Nel 2019 ho avuto la possibilità di fare il ritiro dei “30 giorni” di San Ignazio. È stata una tappa fondamentale, per il mio percorso spirituale e per la comprensione dell’accompagnamento spirituale.
Quando penso che chiamavamo “ritiri” l'appuntamento annuale
a Castelgandolfo, una bella baldoria di 4 giorni, in mille persone o più, tra innumerevoli video di Chiara, ore e ore di chiacchiere, file interminabili per mangiare al self ...

La mia uscita di focolare è stata accompagnata da un incontro speciale che ho avuto con Flavio Rovere, il “caporamo”, cioè il responsabile della branca dei Focolarini consacrati, mi sembra nel 2017.
Prima di salire a Rocca di Papa, dove risiede il Centro del Movimento, ho fatto scalo a Roma, in cerca di consiglio: per pregare sulla tomba di Filippo Neri, che è stato il primo ispiratore della mia scelta per il sacerdozio, e per incontrare Jacques Brière, priore dell’abbazia cistercense delle Tre Fontane, con cui ci conoscevamo da parecchi anni.

Con Flavio abbiamo parlato un paio d’ore. Ha saputo ascoltare, senza a priori, e si è reso conto che stavo facendo un vero percorso umano e spirituale (i due aspetti spesso coincidono…). Si è reso conto che non era un capriccio, e che la cosa più saggia che il ramo poteva fare era di accompagnarmi. Mi ha incoraggiato ad andare avanti nella mia ricerca, senza farmi dei problemi “strutturali”. Ha lasciato la porta aperta, nel caso cambiassi idea. Abbiamo convenuto che, vista la confusione della situazione canonica dei focolarini sacerdoti, viste le esperienze deludenti di inserimento di focolarini sacerdoti in parrocchie, la cosa più semplice sarebbe stata di lasciare il Focolare per essere incardinato in una diocesi.
Quell’incontro con il caporamo è stato un momento molto importante nella mia vita: lo Spirito Santo è stato particolarmente presente e ci ha suggerito delle soluzioni di buon senso. Sono molto riconoscente a Flavio.

Meno felice è stato l’ultimo colloquio che ho avuto con un focolarino.
Nel 2017, essendo venuto ad abitare in Savoia, essendo ancora membro consacrato del Movimento, anche se saltuariamente, partecipavo alla vita di un focolare. Strasburgo, da dove venivo, era ormai lontana. Con il responsabile di zona abbiamo convenuto che avrei potuto inserirmi nel Focolare di Lione, dove avevo già vissuto 10 anni in passato.
Riesco, con manovre rocambolesche perché si trattava di un GRANDE dirigente, a incontrare il nuovo responsabile del focolare di Lione. Gli ho spiegato la mia situazione, e come  il mio percorso, dopo qualche malinteso, continuasse in armonia con il Movimento. Risposta sorprendente di chi avrebbe potuto accogliermi con semplicità: “Non sono d’accordo con il tuo inserimento nel Focolare di Lione perché, con quello che vivi, non ci saresti con tutta l’anima”.
E mi ha dato l’esempio di un “interno non convivente” di Tolosa, che veniva a Lione saltuariamente, ma lui si che “c’era con tutta l’anima”.
“All’animaccia tua!”, dicono a Roma.
Vi lascio indovinare dove, quel poveretto, se la può mettere l’anima.
Non ho insistito, perché davanti a tanta stupidità, il meglio è ritirarsi discretamente. Il bello è che, un paio di anni prima, si era vantato con me che lui “era particolarmente dotato per i colloqui”...

"Taneta e buseta", era una espressione trentina usata qualche volta da Chiara. Vuol dire - se ho capito bene - agire con discrezione, anche nascostamente. Per lasciare a Dio la libertà di lavorare nei cuori, noi dobbiamo fare il nostro lavoro di accompagnatori discretamente e con il massimo riserbo. E sono testimone: Dio fa meraviglie!

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3 commenti:

  1. Helena Filcikova, Praga29 luglio 2022 alle ore 08:41

    Grazie, Mario, per la tua apertura. Le seperienze, che hai fatto, penso che abbiamo sperimentato quasi tutti. Per molti anni nessun responsabile dell Movimento ha capito, che la gente ha anche parte psichica. Poi siuciso la focolarina Marisa, ha dato capire ai responsabili, che certi probblemi non si risolvono solo con "Gesu abbandonato". Ma ho parlato con una suora di un ordine "clasico" e anche loro pian piano scoprono necesita di supervisione psichologica. Non e solo mancanza e scoperta di Movimento focolari.

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  2. Giovanni Pellegrini Grottaferrata30 luglio 2022 alle ore 07:53

    Dio ti ama. Gli uomini di meno. Ancora meno i focolarini. Io non so se Dio ama me. A me ha messo davanti un domenicano che dopo l'uscita di focolare voleva aiutarmi come Padre spirituale. Al secondo colloquio mi ha cacciato con queste parole: Dio resiste ai superbi. Certo che questo Dio è un burlone, tu hai trovato tutti i peggio nel movimento e i meglio nella chiesa ed ora sei contento. Io ringraziando Dio sono ateo e ora sono contento. La mia attuale compagna, dice che spera di incontrarmi nell'aldilà io mi accontento di amarla nell'al di qua come ho amato con tutto il cuore mia moglie che l'amore di Dio ha beneficiato con la sindrome bipolare, curata da uno psichiatra e con un bel tumore alle ovaie che se l'è portata via. Non la rivedrò mai più, ma l'amo tuttora come il primo giorno. Certo che se nell'al di là devessi incontrare tutte le donne che mi hanno conosciuto (in senso biblico)ed io ho ricambiato, pur amandone una sola, verrebbe fuori un bel burdell.

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  3. Caro Mario, Ti confido la mia mancanza di certezze, alla lettura della tua bella pagina sull'accompagnamento spirituale. Avverto, come in tutte le realtà della vita, quindi anche nella vita spirituale, una tensione tra vecchio e nuovo, tra tradizione ed evoluzione. Entrambe hanno, ai miei occhi, valore. Tu metti l’accento sulla tradizione della Chiesa, che racchiude una saggezza millenaria. Eppure il carisma di Chiara ha portato, sull’albero millenario della Chiesa, una novità che si può sintetizzare come spiritualità collettiva. Nella spiritualità collettiva, l’accompagnamento spirituale è affiancato (a volte sostituito) dal rapporto paritario tra fratelli. Come succede, nell’era dell’intelligenza collettiva, con le pratiche di peer consulting, peer learning, ecc. Nei miei anni di focolare, l’aspetto “peer” mi ha portato, mi ha costruito come uomo. Se, poi, c’è confusione tra foro interno e foro esterno, non è solo nel movimento. Un tempo avevo come confessore un sant’uomo, anziano e saggio, dell’Opus Dei. Dopo un po’ mi dice: ma tu sei un focolarino, devi andarti a confessare da qualcuno del Movimento. Cosa è mancato, nella mia piccola storia personale, è stato non tanto l’accompagnamento spirituale, quanto il discernimento vocazionale, che esige, innanzitutto, intelligenza e castità (= disinteresse) da parte dei responsabili. Inesistenti nella zona di Torino negli anni ’80, dove appena accennavi ad un turbamento vocazionale ti buttavano dentro il focolare ad occhi chiusi. E che ho trovato una ventina d’anni dopo, sotto altre latitudini. Forse non avrei mai dovuto entrare in focolare. Eppure … in focolare ho passato anni bellissimi, ho fatto esperienze straordinarie, di immensa ricchezza non solo spirituale ma umana. Sono e sarò eternamente grato del tempo della mia vita trascorso in focolare. Poi, lasciando il focolare, senza saperlo, mi sono salvato la vita – ho una malattia rara che è stata diagnosticata solo grazie all’intuizione della donna che ho incontrato un paio d’anni dopo la mia uscita dal focolare. Eppure, per lungo tempo, mi sono sentito come un relitto alla deriva, lontano dai rassicuranti lidi che avevo sempre conosciuto. Finché un giorno ho avuto l’impressione che Dio mi dicesse: “Non sei alla deriva, ti porto io”. E Dio (o la vita, che è generosa con chi cerca di esserlo?) mi ha fatto approdare a sponde di inimmaginata bellezza e amore.
    Paolo Giusta

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