La vita Gen

Versione del 2 gennaio 2023
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(Gen > vedi lessico)


Ho avuto il primo contatto serio con il movimento a 11 anni (1968 - ero in prima media), ad Asti, la mia città d'origine, ma ho tenuto le distanze fino al 1972. Le riunioni, in cui ognuno a turno doveva prendere la parola, mi facevano paura.

Ma l’invito per il Gen Fest (festival – soprattutto musicale) del primo maggio del 1972 a Loppiano è stato troppo allettante : partire per quattro giorni lontano dai genitori, con un treno di notte, dormire per la prima volta sotto la tenda, il rock "cristiano", un contesto internazionale … C’erano tutti gli ingredienti per convincere l’adolescente timido che ero.
L’esperienza è stata più che positiva. Ho avuto la mia dose di emozioni adolescenziali. Il discorso di Don Foresi, nota stonata ma ufficiale perché mandato da Chiara, non mi ha scoraggiato ...
Ho sperimentato - o sentito? o capito? - che Dio mi chiamava a impegnarmi come Gen.
Senza nessuna esitazione. Esaltazione dei miei quasi 15 anni? Fatto sta che mi sono lanciato e oggi, 50 anni dopo, posso solo confermare che quell’esperienza è stata vera e importante.

Possiamo analizzare i fattori che hanno sotteso il mio impegno nel movimento Gen: il contesto sociale (si respirava il ‘68 a pieni polmoni), il bisogno di prendere le distanze con la famiglia per avere un gruppo “mio”, l’idealità dell’adolescenza non ancora inquinata da telefonini e reti sociali, la ricerca di amicizie sincere. E, aspetto fondamentale, far parte di un gruppo di “più grandi” con universitari o giovani già inseriti nel mondo del lavoro, cosa impensabile in altri ambienti (ero all’inizio del liceo tecnico). Ma soprattutto un’aspirazione profonda a un ideale cristiano.
La vita con il gruppetto di Asti era creativa, ci credevamo, ci davamo da fare. Ho avuto la fortuna di camminare con giovani sinceri.
L’esperienza Gen ha risposto alle mie aspettative, mi ha fatto scoprire la vita spirituale, mi ha insegnato l’importanza dei sacramenti. Una grazia ha accompagnato l’impegno sincero, mio come di molti giovani.
Una grande grazia se teniamo conto delle pecche incredibili degli assistenti Gen (= quelli che accompagnavano/dirigevano il movimento Gen). Uomini e donne poco maturi, che spesso si trascinavano dietro problemi adolescenziali, con una formazione spirituale insignificant. Erano generosi, ma pasticcioni. Per fortuna diversi hanno lasciato la comunità. Ciò che predominava era l’orgoglio – che continua tutt’ora, e scrivo nel 2022 – che faceva credere che la Chiesa istituzionale era in sfacelo e che la salvezza veniva da Chiara Lubich.
Modestamente, a mia volta, come assistente Gen, ho perpetrato quegli sbagli per tanti anni.

Sopra gli assistenti, c’erano capifocolari e capizona, responsabili rispettivamente di una comunità di consacrati con il suo territorio, e di un gruppo di focolari su un territorio più vasto.
A Torino, quando ero Gen, infieriva Umberto De Osti come capofocolare, che voleva concludere sistematicamente gli incontri Gen più importanti. Parlava a braccio, convinto di avere delle cose interessanti da dire. La migliore che ho sentito, probabilmente nel ‘75, in piena guerra fredda:
“Dovete sapere che a Mosca, non si ha paura tanto degli americani, ma piuttosto del Movimento dei focolari. Si, al Cremlino parlano di noi come la forza rivoluzionaria che potrebbe mettere in pericolo il comunismo”. Tenendo conto della saggezza che dimostrava, qualche anno dopo lo hanno aumentato di grado.
All’opposto, per fortuna, il responsabile di zona, Bruno Venturini interveniva spesso nella vita Gen. Come capozona, aveva l’autorità, certo. Ma noi Gen eravamo sempre contenti di incontrarlo, personalmente o in gruppo, al di là del suo ruolo. Secondo me, aveva tutte le caratteristiche che si possono aspettare da un accompagnatore: capacità di ascolto - trovava sempre il tempo, nonostante le grandi responsabilità che aveva; tatto nell’affrontare argomenti delicati; apertura. Mostrava interesse per la mia vita, anche per gli aspetti più insignificanti. Aveva sempre una parola di incoraggiamento. Ha marcato profondamente la mia vita spirituale. Lo cito nelle mie preghiere ogni giorno. Senza volerlo, suscitava crisi di gelosia in certi dirigenti, che avevano l’autorità, ma che erano privi di benevolenza e con un carisma personale piuttosto scarso.

Chiara ci aveva insegnato l’importanza dell’Eucarestia. La comunione quotidiana era un appuntamento importante, quasi ossessivo. L’aspetto positivo è che mi ha insegnato il valore della perseveranza, della fedeltà e l’importanza della “presenza reale”. Ma si andava in chiesa come a un self-service: il prete era un funzionario, che diventava antipatico se faceva la predica in settimana. Una messa di più di 25 minuti sembrava esagerata ...
Un giorno don Piero, viceparroco nella parrocchia salesiana di Asti, a 100 metri da casa, ha voluto incontrare il gruppetto Gen che andava spesso alla sua messa. Il focolarino assistente Gen, a Torino, lo ha saputo. Abbiamo ricevuto un ordine secco: “i Gen di Asti non devono più andare a messa al Don Bosco, il prete vuole recuperarci.” Potete immaginarvi la reazione del sacerdote, che ci ha visti sparire da un giorno all’altro senza spiegazioni …
Ma il Movimento si credeva superiore …

Con i Gen ho sperimentato l’amicizia, aspetto fondamentale dello sviluppo adolescenziale. Con alcuni - molto rari - il rapporto “dura” da più di 50 anni. Naturalmente solo con i maschietti. La separazione maschile/femminile, anche tra i più giovani, era una regola ferrea. Le focolarine (= le donne consacrate della branca femminile) vivevano nella paura/psicosi che le ragazze potessero innamorarsi o, peggio, che “succedesse qualcosa”.
Devo ammettere che ero molto imbranato...
Ogni ragazza che si impegnava nel Movimento era una potenziale focolarina consacrata, che aveva Chiara come modello: i maschietti dovevano stare alla larga. Se si preparava insieme un incontro “aperto”, per annunciare l’Ideale a giovani che non lo conoscevano, la preparazione si faceva sotto lo stretto controllo di un paio di focolarine, pronte a scoraggiare qualsiasi incontro “umano” tra i due sessi.
Non stupisce il fatto che la maggior parte dei giovani che sono venuti in contatto con il Movimento dalle sue origini a oggi, abbiano preso le distanze. "L’Ut Omnes” (= l’unità chiesta da Gesù al Padre), sbandierato come scopo principale del Movimento, in realtà, per vari decenni, non ha inspirato un’armonizzazione dei rapporti maschile/femminile. Molte focolarine hanno vissuto in una vera e propria paranoia nel rapporto con il maschile.
Naturalmente non tutte. Ecco un esempio.
Nell’estate del 1976 eravamo 4 Gen a fare un giretto in Europa in autostop: Francia, Belgio, Olanda, Germania, Svizzera. Arrivati in Olanda eravamo sporchi e affamati. Abbiamo bussato a un Focolare femminile, credo a Eindhoven. Siamo stati ricevuti in un modo sorprendente: invitati a cena con le focolarine, con cui abbiamo dialogato come se ci conoscessimo da anni. Era la prima volta che mangiavo in un focolare femminile … Poi hanno trovato una famiglia con una grande casa che ci ha ospitati per la notte e rifocillati il giorno dopo con una grandiosa colazione.  Chissà, forse per essere accolti bene in certi ambienti bisogna presentarsi sporchi e affamati?
Comunque oggi, la separazione dei due sessi è molto meno rigida, segno di un progresso … da incoraggiare.

Un altro punto forte dell’esperienza Gen è stata la mixità culturale. Nei gruppi si trovavano dei borghesi con una carriera assicurata (medici, banchieri) e ex-drogati squattrinati, magari con un piede in Lotta Continua. I congressi al Centro del Movimento (all’epoca Rocca di Papa), come i Gen Fest, sono state delle occasioni incredibili per aprire il mio orizzonte, incontrando giovani di tutti i paesi. Esperienza che si è protratta durante i 34 anni vissuti in Focolare.
È difficile capire come i vertici del Movimento siano rimasti esclusivamente italiani per una quarantina d’anni …

Come l’ho vissuta, la vita Gen é stata bella, intensa, totalizzante. Totalizzante perché, per le amicizie “fuori”, non c’era tempo o non se ne sentiva il bisogno. Certo, gli impegni con il movimento – in piena espansione – erano innumerevoli. Ma eravamo anche impregnati dall’orgoglio dell’élite: NOI avevamo capito l’Ideale di Chiara, NOI avevamo il compito di portarlo a tutti. Il resto non aveva importanza.

Oggi, vivendo lontano dal Movimento, ho preso coscienza di tante pecche, ma il bello è che la vita Gen mi ha fatto bene, così com’è stata. I sei anni (dal ‘72 al ‘78) vissuti con i giovani del movimento mi hanno aperto tanti orizzonti, permesso degli incontri luminosi, aiutato a uscire dalla mia timidezza. Basta pensare agli anni vissuti in “Casa Gen” (convivenza di giovani, in gran parte studenti).
La morte di un Gen, Claudio Ianni, avvenuta per una malattia folgorante, mi ha aiutato a fare delle scelte sostanziali.

Per concludere ecco la mia prima esperienza concreta, vissuta nell’estate del 1972.
Avevo ottenuto da poco la patente di “radioamatore”. Ancora senza internet, per comunicare con persone lontane c’erano solo il telefono o la radio ricetrasmittente. Per comprarmi la prima radio, avevo trovato un lavoro come inserviente in una colonia in Liguria. Era luglio, avevo appena compiuto 15 anni, era il mio vero e proprio lavoro, un mesetto circa. Poi, inizi agosto, vado alla mia prima Mariapoli di quattro giorni, a Bergamo. Alcuni giovani non avevano i mezzi per pagarsi la partecipazione. Senza esitare, ho dato tutto quello che avevo guadagnato il mese prima. Grazie alla spiritualità di Chiara, scoprivo la Parola del Vangelo: “Date e vi sarà dato”. A settembre, un membro del movimento anche lui radioamatore, mi ha prestato una radio che valeva 4 volte quella che avrei comprato con i miei risparmi. L’ho utilizzata alcuni anni. Un caso della vita? Per me è stata la prima conferma che il Vangelo funziona.

Messaggio ricevuto da A.B. via FB
Mario!!!! Che bella sorpresa!!!
Sono andato subito a leggermi alcune cose del tuo blog, ovviamente.
La prima cosa che ho letto è stata quella sulla vita gen, e subito mi è venuto in mente quello che mi sembra essere l'unico ricordo concreto che ho di te.
Noi stavamo per partire da Pino Torinese alla volta di Massa, per un trasferimento che è poi durato 7 anni. Tu sei partito in bici da Asti per venire a salutare me e mio fratello che evidentemente in quel periodo eravamo affidati a te dopo la partenza per Loppiano di Beppe Marengo.
Come dicevo mi pare l'unico ricordo che ho di te di quei tempi, un momento in cui evidentemente mi hai fatto sentire amato. Che poi l'Amore è l'unica cosa che conta. Dentro o fuori non importa.
Io da una decina di anni, per lavoro, frequento un vasto gruppo di persone di tutta Italia. Tra loro ho trovato persone con le quali siamo più che fratelli, e ce ne siamo resi conto nei momenti difficili della vita. Per me è stata la conferma che fuori dal movimento ci sono tantissime belle persone, che spesso amano senza nemmeno sapere di farlo.

© Mario Ponta - tutti i diritti riservati. Riproduzione - anche parziale - vietata

2 commenti:

  1. Ciao Mario, seguo questo tuo blog e leggo con piacere queste tue righe e devo dire che, mi ritrovo e mi rivedo, in quasi tutto ciò che dici. Dico quasi, semplicemente perchè la mia esperienza è stata molto più breve della tua.
    Devo dire che anche a me il movimento ha dato, ma sicuramente ha tolto molto di più di quello che ha dato.
    Fortunatamente l'ho lasciato per tempo, ma non abbastanza per non dover subire tutta una serie di pressioni psicologiche che forse oggi non passerebbero così in cavalleria, e che hanno fatto si che una volta fuoriuscito abbia fatto molta fatica a imparare a rapportarmi con gli altri in modo "normale".
    Parlo in particolare della mia adolescenza forzata su binari che non erano i miei, parlo di quelli che tu definisci assistenti "pasticcioni", personaggi che io oggi definirei veri despota (fortunatamente non tutti) ficcanaso, senza nessuna preparazione, interessati solo a mantenere la loro posizione di potere e di influenza, alcuni sicuramente un po' troppo interessati alla sfera sessuale (e dico "un po' troppo interessati" per non dire altro).
    Parlo della forzatura di mantenere maschi e femmine rigorosamente separati, dando così una visione sbagliata della vita e contribuendo così ad alimentare il tarlo del proibto anzichè contribuire ad una crescita sana e consapevole di cosa significasse veramente rapportarsi con l'altro sesso.
    Parlo della visione distorta del fatto che le realtà diocesane venissero viste con il fumo negli occhi e che venissero scoraggiate in molti casi le esperienza in gruppi in cui i sacerdoti non fossero a loro volta appartenenti al movimento.
    Parlo dei "sarebbe bello che" da tradurre rigorosamente in "devi", dei sorrisi forzati, dei colloqui non richiesti e della necessità di doversi raccontare a persone con cui non c'era assolutamente nessun legame e a cui non avremmo nemmeno voluto raccontare cosa avevamo mangiato a colazione.
    Facendo due conti, al di la dei bei momenti che , per carità, ci sono pur stati, non è un esperienza che avrei fatto fare ai miei figli (e infatti così è stato).
    Se oggi ho perso quel poco di fede che avevo, beh forse posso anche ringraziare il movimento dei focolari per il suo contributo. Paolo S. tuo conterraneo.

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  2. Ciao Don Mario,
    Leggendo la tua esperienza di Gen, ho rivisto la mia. Anch’io sono stato Gen dal 1973 fino al 1979, vivendo le tue stesse esperienze e stati d’animo. In realtà non sono mai stato totalmente “engagged”, in quanto non volli rinunciare ad una presenza attiva alle attività della mia parrocchia. Questo ha fatto sì che, sia pure vivendo dilaniato da mille contraddizioni, riuscii a mantenere una certa “indipendenza” e lucidità.
    Ciò nonostante le pressioni degli altri Gen, dell’Assistente e dei focolarini, tese a farsi che lasciassi tutto per l’Ideale, si erano fatte insopportabili, al punto che, pur studiando all’Università, decisi di partire per il servizio militare. Questo anno di pausa mi ha salvato, restituendomi libertà, tempo e forze.
    Ho passato perlomeno altri venti anni della mia vita con il rimorso di aver “tradito” l’Ideale e con una enorme ammirazione per chi era rimasto fedele a Chiara.
    Il senso di colpa mi divorava, inquinando tutte le cose belle che nel frattempo ero riuscito a fare: mi ero laureato, sposato, generato tre splendidi figli. La mia passione per la politica ( siamo cresciuti a pane e politica, no?) mi ha portato anche ad essere eletto Consigliere comunale della mia città. Vedevo come l’ideale appreso negli anni dell’adolescenza, non inquinato dalle rigide norme comportamentali presenti all’interno del Movimento, rappresentasse una formidabile miscela per la mia vita ed un insostituibile filtro per comprendere tutta la realtà che mi circondava.
    L’ascolto attivo appreso nell’esercizio di “farsi uno”; La compassione verso il mio prossimo, la carità fraterna; l’apertura mentale appresa stando a contatto con giovani di diverse nazionalità; tutto questo ha rappresentato per me un grande know ohw utilissimo per vivere in un mondo totalmente globalizzato come quello attuale.
    In poche parole: l’Ideale vissuto fuori dal Movimento, a mio avviso, ha dato molti più frutti dell’Ideale vissuto dentro il Movimento.
    Quando, di recente , perchè prima il senso di colpa me lo impediva, ho ritrovato vecchi Gen, qualcuno diventato focolarino, ormai anziani, sono rimasto esterrefatto dal loro scarsissimo, imbarazzante spessore umano.
    In particolare ho avuto tanta compassione di un carissimo Gen, a cui ho voluto e continuo a volere molto bene, che oggi, dopo trenta anni di focolare, è un uomo distrutto, un automa che, al momento del nostro incontro, dopo tantissimi anni, ho riscontrato non essere più capace di provare emozioni vere e sincere: è divenuto un “mostro”, assolutamente privo di empatia.
    Sono felice di vedere come tu,al contrario, oggi sua un uomo realizzato, un sacerdote inserito nella Chiesa e nella comunità civile.
    Grazie per il tuo blog.
    Un grande, fraterno, abbraccio
    Pierluigi Baschieri
    Lucca

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