I figli...

 ...dei membri interni del Movimento


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Nonostante le focolarine sposate ed altri “interni” – non tutti per fortuna – pensino/sperino il contrario, i figli arrivano presto o tardi alla crisi dell’adolescenza.  Come nella maggior parte delle famiglie in occidente, sono stati chiusi in un guscio che devono rompere.  Questo guscio può essere particolarmente spesso per la prole degli “interni” del Movimento.
Infatti per certi genitori c’è l’illusione – alle volte la pretesa – che l’incanto dell’infanzia possa durare tutta la vita, grazie all’Ideale. Che i figli saranno dei bravi ragazzi, tenendo conto di tutto quello che hanno ricevuto. Che, a differenza del mondo fuori, grazie ai valori che Chiara ci ha dato, saranno preservati, ecc. ecc. Insomma, può succedere che si metta la pressione un po' contro natura.

Come si sa, con l’adolescenza, per tutti i ragazzi normali, arriva il momento delle “rottura”: c’è il bisogno esistenziale di prendere le distanze con i valori dei genitori, vedi contrapporsi. Questa fase della vita, importante e sana, è stata vissuta con dei grandi sensi di colpa, in particolare da qualche mamma (parlo al passato perché non ho sottomano delle esperienze recenti).
E invece avrebbe potuto - e potrebbe - essere un’occasione squisita per rendere grazie a Dio: Lui che ci ha dato la vita, ci ha fatto il dono immenso della libertà. I nostri figli hanno ricevuto questo dono, lo hanno accettato… Ed ecco il dramma: perché, tanti, non sembrano più fedeli a Chiara? Nel senso di continuare una beata vita Gen senza ribellioni, senza sesso e droga per certuni/e. Cosa non ha funzionato?

Personalmente, il mio cammino è stato lungo, perché agli inizi della mia carriera avanzavo con il paraocchi, ed ero più ottuso di certi genitori.
Avevo forse 17 anni, ed ero già assistente Gen3. Un figlio di focolarini sposati, all’inizio dell’adolescenza, non voleva più saperne del Movimento. Pieno di buona volontà ho preso il treno e sono andato a trovarlo, per convincerlo di restare nel gruppo. È stata la sua mamma, che con pazienza mi ha spiegato il valore della libertà, e che M. doveva fare le sue scelte. Mi è sembrata una sconfitta. Lento com’ero a capire, ci ho messo un po’ di anni ...


Vari decenni dopo, a Strasburgo, sono stato assistente di un gruppetto di cosiddetti “Gen”. C’era nel branco un caso tipico: studente universitario, figlio di focolarini sposati, stava con i Gen perché non aveva mai conosciuto altro. Aveva timore di lasciare il gruppo per non dare della pena alla madre … Nonostante le buone intenzioni, la pressione psicologica può essere molto pesante. Ed è quello che ho sentito durante un colloquio che abbiamo fatto un giorno lungo il canale che lega Rodano e Reno (no, non lo abbiamo percorso tutto, qualche chilometro è bastato).
Non ci avevo pensato prima, ma lì ho sentito che il ragazzo, per avanzare nella vita, aveva bisogno di ossigeno: fare l’esperienza della libertà.
Quindi sono riuscito a mettere delle parole sui suoi desideri repressi.
Il fatto che da lui non mi aspettassi più niente, lo ha lasciato spiazzato.
Poter incontrare gli altri solo se e come ne aveva voglia?
Finirla con le strutture e i “doveri di stato”?
All’inizio stentava a crederci. E poi, ha preso il volo …
La sua mamma un giorno mi ha ringraziato, perché ha ben capito che cercavo solo il bene di suo figlio che, decisamente e liberamente, non era più un Gen.
Non ho tardato a liquidare il resto dell’unità Gen. È stata la mia ultima esperienza come “assistente”. Capite bene che non ho mai avuto le caratteristiche per fare carriera nel Movimento!

Quest'esperienza aveva avuto un precedente, all'epoca in cui mi occupavo dei Gen3
“grandi” a Lione, fine anni ‘90. Il gruppo dei quindicenni che accompagnavo era composto esclusivamente da figli di membri interni del Movimento (già all'epoca avevamo difficoltà a reclutare). Erano contenti di ritrovarsi, con uno scopo principale: mettere alla prova i nervi dell’assistente. Naturalmente, non avevo nessuna preparazione pedagogica. Per semplificare il metodo Montessori, ogni tanto davo un ceffone, con l’approvazione dei genitori. Interessante il fatto che, con quelli che ricevevano la sberla, il legame si rafforzava: finalmente trovavano un adulto che metteva dei limiti chiari, senza frasette spirituali-mielose.
Dopo alcuni mesi, in cui i rapporti crescevano - ma in cui i miei nervi cominciavano a cedere - ho fatto un esperimento: non ho più telefonato con insistenza per convincerli di venire alla riunione.
Silenzio totale !
Mi sono chiesto se la coesione del gruppo non fosse un po’ (tanto) artificiale.
Allora li ho convocati uno per uno … e li ho sconvolti. “Ti propongo di non fare più parte del gruppo Gen per un anno”, ho detto a ciascuno, spiegando i motivi, sottolineando che alla loro età dovevano fare delle scelte personali, in particolare nel campo spirituale. Tutta l’insicurezza di quell’età è venuta a galla, e in particolare la domanda: “Cosa fanno gli altri (del gruppo)?”.
Ma la prospettiva dell’indipendenza era troppo allettante. Soprattutto con la libertà di tornare se e come volevano, ma dopo una sana “pausa” nell’impegno che in fondo non avevano scelto liberamente.
Qualcuno è tornato, altri no … Personalmente ho preso dei rischi e imparato tanto. 


Una volta ho proposto ad un paio di assistenti Gen più giovani di me, di riflettere. Tutti i figli degli “interni” avevano bisogno che il Movimento si mostrasse aperto, e facesse loro questo dono della libertà. Immaginavo che avremmo potuto incoraggiarli e accompagnarli a fare altre esperienze: la Chiesa è ricca di tante realtà giovanili che non hanno niente da invidiare ai Focolari. Fare come degli “stages” in altri gruppi, movimenti. RISCHIARE L'APERTURA.
Il mio sogno era: sperimentare la diversità ed acquistare le conoscenze per fare delle scelte personali. Forse alcuni avrebbero sviluppato un percorso di fede che è stato troncato con l’uscita dalla vita Gen. È più che normale: non conoscendo altro …
La risposta dei due assistenti, che sembravano pertanto aperti e dinamici, è stata sconcertante: “Questo, oggi, non è il nostro problema”.
He, he, ridiamoci sopra ...

Forse la “riuscita” della mia vita Gen – tra i 14 e i 20 anni – oltre la distanza fisica dall’assistente ed una sana autonomia, è stata accompagnata da un certo equilibrio famigliare. Mia mamma era interna convinta del Movimento. Mio padre stava ben alla larga, pur essendo credente e praticante. Per partecipare a certe attività Gen, ho dovuto più volte convincerlo con insistenza. Papà pensava che per certi aspetti l’impegno Gen era esagerato … 😍 (qui trovi la mia esperienza di Gen)

COMMENTO
Ciao Mario, ho letto la tua esperienza sull’accompagnamento dei giovani delle nostre famiglie. Il movimento ha dato molto ai miei 4 ragazzi, persino una moglie finlandese a Luc! Ma tutti si sono progressivamente allontanati, per i tristi motivi sottolineati nel tuo articolo.  È uno degli elementi che mi hanno mostrato che senza una presa di coscienza e senza cambiamento il futuro del movimento è compromesso.
Ma andiamo avanti come famiglia aprendoci alla novità di Dio.
Jean-Claude

 

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